‘Coesistenza dell’autoriciclaggio con la bancarotta fraudolenta per distrazione: beni ”statici”e beni ”dinamici”‘ è il titolo del commento a Cass. pen., sez. II, sent. del 10 settembre 2019, n. 37503, pubblicato da questo studio sul numero della rivista on-line “Sistema Società“, del Gruppo 24Ore, uscito in data 3 ottobre 2019 (contributo disponibile per gli abbonati).
Dalla sentenza commentata – in cui la Cassazione stabilisce i requisiti in base ai quali in caso di trasferimento di azienda, integrante il delitto di bancarotta fraudolenta patrimoniale, si possa configurare anche l’ulteriore delitto di autoriciclaggio – abbiamo ricavato il seguente principio di diritto:
“Il precipuo scopo del legislatore, con la previsione del reato di autoriciclaggio disciplinato dall’art.
648 ter.1. c.p., fu quello di scongiurare la possibilità di reimmissione di utilità economiche
provenienti da delitto nel circuito economico; tale azione porta con sé la conseguenza di un ulteriore
profitto, il c.d. quid pluris necessario, derivante da una successiva e distinta attività rispetto al reato
presupposto. Dunque, ciò che è necessario ai fini dell’autoriciclaggio è l’ulteriore profitto derivante
dalla introduzione nel mercato dei proventi illeciti, attività che si pone come eventuale, non come
naturale conseguenza del reato di bancarotta“.