Uno dei temi più caldi del diritto penale d’impresa riguarda le misure cautelari reali. Non vi è dubbio che la riforma delle misure di prevenzione patrimoniali (modificate con legge n. 161/2017, pubblicata sulla G. U. del 4.11.2017), che riguardano un aspetto collegato a quello delle misure cautelari reali, abbia contribuito a rafforzare gli strumenti a disposizione dell’Autorità Giudiziaria per il contrasto dei crimini economici.
In punto di sequestro preventivo delle quote sociali, ove esista un rapporto di “strumentalità” tra i beni della società e il contestato delitto di bancarotta, il criterio formale dell’appartenenza delle stesse a persona estranea al reato non è sufficiente a venire in soccorso del rispettivo titolare, nei cui confronti la misura cautelare reale finirà per dispiegare comunque i propri effetti.
Se è tale e ormai consolidato l’orientamento della giurisprudenza di legittimità sul tema, va altrettanto posto in evidenza come permanga necessario un rigoroso accertamento, da parte del Giudicante, degli elementi indiziari sulla base dei quali emettere il provvedimento ablativo, in ossequio alle garanzie che devono sorreggere il sistema del diritto penale d’impresa.
Questo è quanto ha precisato e stabilito la Suprema Corte di Cassazione nella sentenza n. 5868 del 06 febbraio 2019 resa dalla V sezione penale, che abbiamo commentato in un nuovo contributo pubblicato in data 1.3.2019, intitolato “No al sequestro preventivo delle quote sociali in assenza di “strumentalità” tra i beni della società e la bancarotta”, disponibile integralmente per gli abbonati della rivista on-line “Sistema Società”.
In tale pronuncia la Suprema Corte, facendo corretta applicazione dei principi giurisprudenziali connessi al giusto processo, per carenza di motivazione circa il nesso di strumentalità, fa salve le quote sociali e l’intero compendio aziendale della nuova società alla quale erano stati alienati i beni di quella fallita.