La Corte di Cassazione, terza sezione penale, con sentenza n. 50619 depositata il 7.11.2017, ha sancito un principio di diritto che conferma l’orientamento di “pugno duro” contro i reati fiscali.
Facciamo un passo indietro. A seguito della nota sentenza “Taricco” della Corte di Giustizia Europea, la Suprema Corte ha aderito all’orientamento secondo il quale per le gravi violazioni fiscali andrebbe disapplicato l’art. 161, comma 2 c.p. In tal modo la prescrizione di tali reati sarebbe più lunga.
La Cassazione, con la sentenza depositata ieri, ha ritenuto che il termine di prescrizione per il reato di falsa fatturazione commesso dall’imputato, al quale era stata contestata la recidiva reiterata, sia fissato in sedici anni e otto mesi. Non ha ritenuto, invece, violato il principio “caro” alla Corte di Giustizia Europea del ne bis in idem nel caso di doppia applicazione della circostanza aggravante della recidiva nel calcolo del tempo necessario a prescrivere. Sicché l’aumento di pena per la recidiva è stato calcolato sia con riferimento al termine di prescrizione ordinario del reato (art. 157 c.p.), sia con riferimento al termine interruttivo (art. 161 c.p.).
Vale la pena segnalare che tale sentenza si discosta da altri orientamenti della Suprema Corte con riferimento ad altra tipologia di reati. Sarà sicuramente una sentenza che farà riflettere non solo il difensore, che aveva contestato l’applicazione congiunta delle due norme che hanno il medesimo effetto di dilatazione dei termine, ma anche gli altri operatori del diritto in relazione alla negata violazione del ne bis in idem.